
Ho letto su “Il Post” un articolo riportante la storia di un giornalista online americano che per circa cinque anni ha curato un blog per Atlantic, giornale online degli States. Marc Ambinder, questo il nome del giornalista, in questi anni ha utilizzato il blog per scrivere di politica. Fin qui nulla di strano. Sono tanti i giornalisti che hanno un blog (a volte anche più di uno) me compresa e che quotidianamente informano gli utenti della Rete. Marc Ambinder non vuole più essere uno di loro, uno di noi. La decisione, annunciata sullo stesso blog che per anni ha ospitato il suo editoriale politico, ha un sapore retrò condito da una “presa di coscienza professionale”. Ebbene, il giornalista vuole tornare a scrivere per la carta stampata, vuole tornare lì dove, molti giornalisti (me compresa) hanno fatto allenamento prima di approdare nel mondo digitale. Marc Ambinder dà una motivazione a tutto questo. Dice di voler ritornare a scrivere ciò di cui ha bisogno il lettore e non ciò che si vuole scrivere.
I blogger danno molto spazio al proprio essere mentre il giornalismo tradizionale, quello che notoriamente conosciamo come “giornalismo cartaceo”, raccoglie un’informazione più mirata al lettore e, soprattutto, gli articoli scritti su carta vengono pubblicati solo se ritenuti validi non solo dal giornalista ma anche dal suo superiore. I blog sono più leggeri e contengono spesso opinioni personali quelle che invece il giornalismo tradizionale dice di lasciare da parte: i fatti separati dalle opinioni.
Marc Ambinder confida attraverso il suo ultimo post sul blog che per cinque anni ha raccolto i suoi scritti, di aver bisogno di un “rifai il pezzo fa schifo” oppure “il pezzo va bene” per continuare nella sua opera di professionista dell’informazione perché in questo modo può crescere come reporter e scrittore. Una scelta professionale che apre un interessante dibattito, non c’è che dire, e che lascia un interrogativo in tutti noi che lavoriamo in questo mondo sempre meno amato da persone senza ritegno (sui giornalisti si dice di tutto spesso con cattiveria) ma sempre più apprezzato ed ambito dai giovani, su qual è il modo migliore di fare informazione nell’era digitale.